L’approvazione della legge sull’autonomia differenziata rischia di creare gravi e strutturali fratture nel Paese
La posizione del SUNAS non si basa su una scelta rigidamente ideologica, ma sulla volontà di rappresentare le istanze dei professionisti assistenti sociali, impegnati quotidianamente ad operare nei servizi territoriali per dare risposte adeguate ai cittadini, contribuendo alla promozione del benessere e della salute delle persone e delle comunità.
Le istanze autonomistiche in Italia hanno trovato legittimo fondamento nella Costituzione ed ottenuto un riconoscimento attraverso un processo evolutivo a livello normativo che ha il portato ad un rafforzamento del decentramento territoriale fino all’attuazione del federalismo fiscale e amministrativo.
Ad oggi tutte le normative tese a favorire lo sviluppo del concetto di territorialità, non avevano mai inteso mettere in discussione i principi di solidarietà, unitarietà, uguaglianza, sussidiarietà (verticale ed orizzontale), sostenendo sempre la necessità di definire i fabbisogni standard necessari per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), fra i quali vanno sottolineate quelli relativi ai servizi sanitari, sociali, dell’istruzione e dei trasporti.
La legge appena approvata dalla Camera, invece, va nella direzione di una trasformazione e sconvolgimento del sistema della forma dello Stato italiano e della sua unità, stravolgendo l’articolo 3 della Costituzione che garantisce il principio di uguaglianza sostanziale fra tutti i cittadini.
Ricordiamo che già adesso è in atto nel nostro Paese una forma di regionalismo differenziato che è a vantaggio delle Regioni settentrionali. La distanza tra Nord e Sud Italia è evidente se guardiamo alla spesa in welfare e ai risultati che essa produce, per esempio relativamente agli ambiti delle politiche sociali, della sanità, della salute. Si pensi poi ai “benefici economici” provenienti dalla migrazione sanitaria, sempre più crescente dalle regioni meridionali verso quelle del Nord.
Il SUNAS, con particolare riferimento ai temi della programmazione, attuazione e gestione delle politiche sociali di welfare, della salute, dei servizi e degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari ha sempre sostenuto la necessità di ridare e riconoscere un ruolo forte allo Stato e al soggetto pubblico.
La pandemia Covid-19, come hanno rilevato numerosi osservatori, ha messo in evidenza i limiti del sistema nell’affrontare l’emergenza dovuti allo scarso coordinamento tra il Governo centrale e gli esecutivi regionali e al contestuale elevato livello di autonomia di cui godono le regioni in ambito sociale e sanitario.
I 22 sistemi di welfare regionali prodotti dall’elevato livello di autonomia si basano su modelli organizzativi differenti che, invece di ridurre, hanno contribuito ad aumentare le diseguaglianze territoriali.
Ne consegue che per raggiungere l’obiettivo di ridurre concretamente le diseguaglianze tra regioni e garantire a tutti i cittadini pari diritti sarebbe necessario costruire un nuovo rapporto Stato-Regioni basato sulla definizione, sul finanziamento e sul rispetto dei LEA e dei LEP in tutti modelli di welfare regionali.
Il nostro punto di riferimento continua ad essere la L. 328/2000 che ha istituito il sistema integrato dei servizi sociali nell’ambito di una rete di collaborazione istituzionale e sociale, sulla base del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale.
Essa ha introdotto una disciplina organica dei servizi sociali, superando l’approccio frammentato e categorizzante dei precedenti interventi normativi e risalente all’impostazione della legge Crispi del 1890; ha, inoltre, impresso una visione unitaria e sistematica della materia, dando indicazioni precise a tutti gli attori componenti del sistema integrato dei servizi sul nuovo modello di assistenza sociale da realizzare.
Il provvedimento ha segnato, poi, una svolta anche per l’introduzione, nel campo dell’assistenza sociale, proprio del tema dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), già presente in ambito sanitario sulla base della riforma varata con il D.lgs. n. 229/1999.
La L. 328, pur non avendo avuto una piena attuazione a causa della riforma del Titolo V Costituzione del 2001, mantiene la sua validità e attualità, ovviamente con i dovuti aggiornamenti che si rendono necessari per adeguarla al mutato contesto socio- economico-istituzionale.
Il SUNAS continua a credere e sostenere la piena attuazione dei principi di unitarietà, uguaglianza, solidarietà, sussidiarietà, che devono ispirare politiche e azioni volte a ridurre, se non eliminare, le condizioni di disparità che rischiano di aumentare, condannando così una parte consistente dell’Italia ad una condizione di subalternità indegna.
Ci auguriamo, quindi, che prima di rendere effettiva l’attuazione della legge sull’autonomia differenziata, il Governo e il Parlamento si impegnino ad adottare specifici e idonei provvedimenti, definendo linee guida e standard minimi adeguati e uniformi per tutte le Regioni per assicurare a tutti i cittadini gli stessi Livelli di Prestazioni Sociali e gli stessi Livelli Essenziali Assistenziali. In questo processo occorre anche prevedere un passaggio di definizione a livello giuridico, organizzativo degli ambiti territoriali, nell’ottica di realizzare l’integrazione tra sociale e sanitario a garanzia della massima efficienza, efficacia e prossimità alla popolazione dei servizi sociosanitari.
Salvatore Poidomani
Segretario Generale SUNAS